Ecco perchè i bambini africani non piangono


I bebè africani sono più felici di quelli occidentali. Per questo piangono meno. Ne è convinta J. Claire K. Niala, osteopata, scrittrice e neo mamma keniota residente nel Regno Unito. Arrivata appena quindicenne in Gran Bretagna, la Niala, due lauree in tasca, ha preso il meglio che l’Occidente potesse offrirle. Ma una volta rimasta incinta ha preferito mettere da parte la cultura libresca sull’allattamento, l’alimentazione e si è affidata solo alla sapienza africana.


In fondo, come le ha ricordato sua nonna, “i neonati non leggono libri”. Tutto ciò di cui hanno bisogno è qualcuno che sappia ‘leggere’ il loro pianto. Anche se poi qualunque sia il disagio (fame, freddo, sete, dolore), il rimedio è solo uno: il latte materno e il contatto con la propria mamma. In fondo, sostiene la Niala, i neonati africani sono facilitati rispetto ai bambini occidentali. I primi anche dopo la nascita continuano a essere protetti dallo stress del mondo esterno in cui stanno entrando. Reciso il cordone ombelicale, vengono avvolti in una fascia per essere trasportati dietro la schiena della mamma. Si stabilisce così un rapporto simbiotico tra due bisogni che si incontrano. L’odore della mamma, la sua voce, il contatto fisico con lei, insiste Niala, sono gli ingredienti del gioioso silenzio dei bambini africani. “Quella fascia è una protezione che replica l’utero” scrive la giovane inglese di origine africana in un libro nel quale racconta la sua esperienza. Al termine del quale sostiene che la differenza tra l’Africa e l’Europa è anche una questione culturale: “Nel Regno Unito, si è capito che i bambini piangono. In Kenya, è stato tutto il contrario. La normalità è che i bambini non piangono”.


La mamma keniota, mette in guardia le ‘colleghe’ con la pelle bianca: spesso il pianto dei bambini segnala un disagio che va forse oltre il pannolino bagnato oppure il bisogno di fare il ruttino. In quel pianto, avverte la giovane africana, c’è tutta la ‘fame di mamma’ di un neonato. Prima di sentirsi disarmate per un pianto senza pace del proprio figlio, basterebbe ricordarsi di quello che a Niala le ripeteva sua nonna tutte le volte che la sua bambina piangeva.

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